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Sette anni senza il Negro

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«Alla fine la mano destra ha vacillato. Non risponde più come prima a quello che le detta la mente. Pertanto, indipendentemente dal fatto che io continui a cercare di rianimarla, sento la necessità di ricorrere a qualcuno degli ottimi artisti e amici che ho perché trasformino i miei testi in immagini. […] Questa avvertenza vale soprattutto a non far sorprendere i lettori se vedranno notevolmente migliorata la qualità del mio tratto e dei miei colori».

Quando Roberto «el Negro» Fontanarrosa scrive queste righe per il supplemento domenicale di «Clarín», mancano pochi mesi alla sua morte, di cui oggi, 19 luglio, ricorre il settimo anniversario.
Dopo quattro lunghi anni di malattia, una sclerosi laterale amiotrofica diagnosticatagli nel 2003, se ne andava così uno dei intellettuali argentini più amati dal popolo: un umorista, prima di tutto, celebre nel continente sudamericano per le sue storie illustrate e i leggendari personaggi che le animano; ma anche uno scrittore capace di lasciare in eredità decine di racconti e tre romanzi (Best seller, El área 18 e La Gansada); e infine, e sopra ogni altra cosa, un tifoso, il tifoso delle «canaglie» del Rosario Central, l’amore di una vita.

«Se si dovesse scegliere una musica di sottofondo per la mia vita, sarebbe la radiocronaca delle partite di calcio».

Quando il prossimo 28 agosto uscirà in libreria L’area 18 (per la traduzione di Chiara Muzzi), ventiquattresimo titolo della collana Attese, anche i lettori italiani potranno finalmente conoscere il talento ironico e crepitante di uno dei grandi interpreti della letteratura argentina, adorato dal suo pubblico anche per frasi come questa:

«Non aspiro al Nobel per la letteratura. Io mi considero più che soddisfatto quando qualcuno mi si avvicina e mi dice: “Mi sono cagato sotto dalle risate, col tuo libro”».

Di seguito, la versione integrale dell’esilarante intervento di Fontanarrosa sul tema parole e parolacce tenuto in occasione del III Congresso della Lingua (Rosario, 20 novembre 2004), già proposto in alcuni passaggi dal blog delle edizioni Sur nella traduzione di Fabrizio Gabrielli e Cintia Sanna.

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