Terribile splendore

La più bella partita di tennis di tutti i tempi

 

Da sempre gli appassionati di tennis, sia esperti sia semplici tifosi, si chiedono chi siano gli atleti più forti di ogni epoca. Una volta l’onore spettava, rispettivamente, a «Big» Bill Tilden e alla «Divina» Suzanne Lenglen, campionissimi in singolare e in doppio misto. Per assecondare gli spettatori che volevano ammirare le loro prodezze, a Wimbeldon nel 1922 fu perfino costruito un nuovo campo centrale.

A sinistra: il barone Gottfried von Cramm esegue il suo colpo più celebre, il servizio. A destra, Don Budge alle prese con una volée di rovescio. Nel 1937, i due diedero vita a una delle più memorabili partite di tennis della storia

A sinistra: il barone Gottfried von Cramm esegue il suo colpo più celebre, il servizio. A destra, Don Budge alle prese con una volée di rovescio. Nel 1937, i due diedero vita a una delle più memorabili partite della storia del tennis

 

Nell’èra Open è più difficile attribuire la palma del migliore, perlomeno in campo femminile: come scegliere, infatti, tra il meraviglioso serve and volley di Martina Navratilova e il tennis perfetto di Steffi Graf? Mentre la monumentale Serena Williams ha messo in bacheca il suo diciassettesimo titolo del Grande Slam (salendo, nella speciale classifica delle plurivincitrici, a una sola lunghezza dalla cecoslovacca e a cinque dalla tedesca). In campo maschile – nonostante la strenua resistenza dei sostenitori di McEnroe e Sampras – il consenso va ormai da qualche tempo al fantastico Roger Federer. Ma a parte il settimo sigillo a Wimbledon e la medaglia d’argento alle Olimpiadi, le ultime stagioni sono state piuttosto magre di successi, tanto che l’elvetico ha deciso di provare una nuova racchetta hi-tech con piatto corde di 98 pollici quadrati – notizia rilanciata perfino dal «New Yorker», visto che il rovescio di Federer incanta i fan del gioco come gli amanti di D.F. Wallace  (ma Benjamin Markovits, autore di Un gioco da grandi, la pensa diversamente sul magnifico svizzero, come ha scritto l’anno scorso sul blog della «London Review of Books»). Per il momento i risultati in campo non sono arrivati e Federer è tornato al vecchio modello di racchetta.

In cima al ranking mondiale siede oggi Novak Djokovic, l’ex «terzo uomo» del circuito tennistico che sta imparando a comportarsi da campione, come ha sottolineato un altro editoriale del «New Yorker». Durante la finale degli Open Usa 2013, nello stadio Arthur Ashe di Flushing Meadows, il serbo ha dato vita insieme a Rafael Nadal a un eccezionale scambio di 54 colpi che è coinciso con il momento più equilibrato ed esaltante dell’incontro, prima che il maiorchino prendesse definitivamente il sopravvento. La memoria è tornata subito, in quel punto infinito, all’epico scambio tra Lendl e Becker sul match point della finale degli Open Usa del 1989. O al memorabile tie-break tra Borg e McEnroe nel quarto set della finale di Wimbledon del 1980, che segnò l’apice della rivalità tra due tennisti diversissimi sul piano tecnico e umano.

L’eccezionale punto tra Djokovic e Nadal, che vale al serbo il momentaneo break ai danni dello spagnolo, nel secondo set della finale degli Open Usa 2013

 

20 luglio 1937: Budge-von Cramm

Ma la storia del tennis ha già conosciuto la partita più bella di tutti i tempi. È stata giocata il 20 luglio del 1937, sul palcoscenico perfetto – il Centrale di Wimbledon. In campo, anche allora, c’erano il numero uno e il numero due del mondo: Don Budge, dinoccolato americano dai capelli rossi, figlio di un ex calciatore scozzese emigrato in California, e l’elegante barone tedesco Gottfried von Cramm, il fair play in persona, nonché il secondo atleta più famoso di Germania dopo il pugile Max Schmeling. Giocavano entrambi con la racchetta di legno, ovviamente: von Cramm con un manico sottile, per agevolare l’impugnatura della mano destra menomata di un dito a causa di un vecchio infortunio; Budge con un manico extra-large, con cui tirava delle randellate imprendibili.

A sinsitra: un'immagine giovanile di von Cramm. A destra: una speciale racchetta di legno disegnata da un altro tennista dell'epoca, il britannico Bunny Austin

A sinistra: un’immagine di von Cramm a diciott’anni, nel 1927, con la maglia dell’Hannover tennis club. A destra: una speciale racchetta di legno disegnata da un altro tennista dell’epoca, il britannico Bunny Austin

 

In palio, quel giorno di luglio, c’era la quinta e decisiva partita della finale interzone di Coppa Davis, che avrebbe regalato alla squadra vincente il diritto di disputare la finalissima contro l’Inghilterra, detentrice del trofeo. Tutti sapevano, però, che la nazione che si fosse aggiudicata la finale interzone si sarebbe portata a casa anche la coppa, perché l’Inghilterra era costretta a giocare senza il suo miglior giocatore, Fred Perry (l’ultimo britannico a vincere Wimbledon prima di Andy Murray), passato al professionismo e quindi escluso dal circuito tennistico ufficiale.
Cose che capitavano, purtroppo, prima dell’èra Open…
Ma nella sfida tra Budge e von Cramm, che si erano incontrati poche settimane prima sullo stesso campo per la finale del torneo di Wimbledon (orfano di Perry), c’era qualcosa che andava oltre la semplice dimensione sportiva, pur altissima, qualcosa che colloca questa partita ben oltre le tante altre memorabili sfide nella storia di questo sport. Don Budge giocava per il proprio paese, per riconsegnare all’America quella coppa che mancava dai tempi gloriosi di Bill Tilden, il quale – ironia della sorte – sedeva a bordocampo come allenatore non ufficiale della nazionale tedesca. Gottfried von Cramm, invece, giocava per la propria vita. Nonostante il nazismo avesse cercato di appropriarsi della sua immagine a scopi propagandistici, l’omosessualità del barone (oltre alla sua relazione proibita con un ebreo già fuggito oltre confine) aveva finito per trasformare l’idolo dei tifosi tedeschi in un elemento sospetto e indesiderato dal regime. L’unica salvezza per von Cramm era continuare a vincere, e riversare gloria sul proprio paese. Si dice che prima dell’incontro il barone ricevette una telefonata – era Hitler, che voleva augurargli buona fortuna…

I destini di Tilden, Budge e von Cramm si incrociavano quel 20 luglio 1937  in un mondo che aspettava in ansia il deflagrare della Seconda guerra mondiale. La loro storia è stata ricostruita da Marshall Jon Fisher in Terribile splendore, vincitore nel 2010 del Pen/Espn Award fot Literary Sports Writing. L’edizione italiana, secondo volume della collana Vite inattese di 66thand2nd, è in libreria dal 4 luglio scorso.

 

The best tennis book of the year is not Open by Andre Agassi. Nor is it On the Line by Serena Williams. The winner, racquets down, is A Terrible Splendor by Marshall Jon Fisher.
«Huffington Post Books»

To call this a tennis book would be as accurate as calling Moby Dick a fish tale. […] It’s a story that explores eternal themes: love, conflict, impending war, repression, betrayal, hope, […] the elements of a Shakesperean drama. TennisWeek.com

 

Rare immagini di archivio a colori del 1939: in campo ci sono Don Budge e «Big» Bill Tilden