Lo sport detta legge
Il tennis come esperienza religiosa di David Foster Wallace, Open di Andre Agassi (confezionato con la complicità del premio Pulitzer J.R. Moehringer), Tennis di John McPhee (altro premio Pulitzer) e Terribile splendore di Marshall John Fisher, vincitore del Penn/Espn Award for Literary Sports Writing. Il tennis – che si giochi sulla terra rossa, sul prato di Wimbledon o su quello del vecchio impianto di Forest Hills, un tempo sede degli Us Open – sembra farla da padrone nel recente boom della letteratura sportiva – «un genere mai riconosciuto dalla nostra critica cattedratica» scrive Massimiliano Castellani su «Avvenire» il 3 gennaio scorso «e i cui prodromi si erano smarriti tra le nebbie del tempo e in quelle aleggianti tra la Bassa e Torino, dove viaggiavano le trame finemente letterarie dei due scriba massimi del calcio, Gianni Brera e Giovanni Arpino».
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