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Perché non sono un’afropolitana

Prosegue il dibattito sul tema dell’«afropolitanismo» – crasi di «africano» e «cosmopolita» –, neologismo di evidente derivazione inglese di cui forse, ha osservato qualcuno, non sentivamo la mancanza. L’ultimo intervento – piuttosto critico, ma equilibrato nel ricostruire l’evoluzione di questa equivoca, ed equivocata, nozione – è apparso sul sito Africa Is a Country, firmato dall’affascinanate Emma Dabiri, insegnante e scrittrice nigeriana-irlandese (il cui profilo twitter si chiama, significativamente, Diaspora Diva). Lo spunto del suo articolo risale a una tavola rotonda a cui la Dabiri fu invitata l’estate scorsa nell’àmbito dell’Africa Writes 2013 Festival, intitolata Fantasy or Reality? Afropolitan Narratives of the 21st Century.

Qui puoi leggere l’interessante ricostruzione di Emma Dabiri, Why I’m Not an Afropolitan.

Ecco una breve citazione: «Should we be taking comfort in the fact that the world’s eyes are again on Africa? Headlines decree “Africa is the world’s fastest growing continent” and the “hottest frontier” for investments. “Time” magazine’s cover of Africa Rising announces “it is the world’s next economic powerhouse,” while “The Wall Street Journal” is dubbing it “a new gold rush.” Here’s one of my own: “The Scramble for Africa.”».

Leggi su questo tema l’intervento di Binyavanga Wainaina a una conferenza dell’African Studies Association UK nel 2012, I’m a Pan-Africanist, not an Afropoiltan, citato dalla Dabiri e commentato da Stephanie Bosch Santana nel suo articolo Exorcizing Afropolitanism.
Leggi anche l’articolo di Okwunodu OgbechiAfropolitanism: Africa without Africans, sul blog Aachronym.

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