Heartland

Il melting pot della provincia inglese

Come Underworld di DeLillo, che ruota intorno a una storica partita di baseball del 1951, Heartland prende le mosse da uno evento sportivo, la partita Inghilterra-Argentina giocata a Sapporo per i mondiali di calcio del 2002: il romanzo si apre su un primo piano della stella David Beckham,  con un piede malconcio a causa di un infortunio, e su un gruppo di rumorosi tifosi riuniti in un pub, che è anche la sede della squadra locale: il Cinderheath Fc è la società del distretto di Cinderheath, circoscrizione di Dudley, capitale ufficiosa del Black Country, nelle West Midlands inglesi. Cinderheath una volta era un quartiere operaio e popolare, cresciuto intorno alle fonderie omonime che dominavano le zone residenziali con le sue ciminiere e la sua gru. Ma nel primo decennio del nuovo millennio, le fabbriche ormai ormai chiuse e il quartiere è un crogiolo di etnie afflitto dall’analfabetismo, dalla povertà e dalla criminalità giovanile.

cartwright_extralibris

Un ritratto di Anthony Cartwright

Oltre che per le sorti della nazionale di capitan Beckham, Cinderheath è agitata da due eventi decisivi per la vita del distretto: l’ultima partita di campionato, valida per il titolo regionale dilettanti, tra il Cinderheath Fc (composta solo di bianchi) e la squadra della locale comunità musulmana; e le elezioni per il consiglio comunale, dove si contendono i seggi il Partito laburista (tradizionalmente vincente) e l’emergente destra nazionalista del British National Party. Come se non bastasse, il Bnp ha preso a finanziare la società sportiva del Cinderheath Fc, anche se il miglior giocatore della squadra, Robert Catesby, è il nipote del candidato laburista Jim Bayliss e un ottimo amico di Zubair, che milita tra i musulmani. Una situazione complicata e potenzialmente esplosiva, bollata dai tabloid come la scintilla che potrebbe «scatenare una guerra razziale nel Black Country» – e in quei giorni il territorio è sotto i riflettori nazionali, perché poco prima gli americani hanno arrestato e deportato a Guantànamo i cosiddetti «talebani di Tipton», tre cittadini inglesi di fede musulmana, nati a Tipton (a due passi da Dudley) e sospettati di essere membri di Al Qaeda.
Il clima rovente della campagna elettorale, percorso dalle tensioni del dopo-11 settembre, è ulteriormente surriscaldato dal progetto avallato dai laburisti di erigere una «megamoschea» al posto delle  fabbriche abbandonate, un progetto su cui fa leva il Bnp per alimentare le pulsioni razziste della popolazione bianca. Mentre il primo piano di Beckham campeggia sui cartelloni pubblicitari e sugli schermi televisivi di mezza Inghilterra, le vie di Cinderheath sono invase dalle bandiere con la croce di san Giorgio, ed è difficile capire se siano state esposte per sostenere la nazionale di calcio, i militari inglesi in guerra contro il terrorismo, o la purezza del paese «occupato» dagli stranieri.

«Il Black Country pullula di storie – buffe, esotiche, tragiche, di solito vere. Sono queste a ispirare la mia scrittura». È quanto afferma l’autore di Heartland, Anthony Cartwright, giunto da poco al terzo romanzo con How I Killed Margaret Thatcher (che era anche il titolo provvisorio dei due manoscritti precedenti…). Per Cartwright (di cui è apparso in italiano anche un racconto su Fútbologia), il Black Country è quello che New York è per Don DeLillo e Los Angeles per James Ellroy – due maestri che lo scrittore britannico annovera esplicitamente tra coloro da cui trae ispirazione. E il Black Country – leggendario, fantastico – rivive in questa struttura narrativa complessa e stratificata in cui, tra flashback e digressioni, si sovrappongono le storie di tante personaggi, dagli anni Cinquanta all’alba del terzo millennio. Il filo rosso per districarsi in questa babele di avvenimenti e linguaggi (il dialetto ostico del Black Country, il gergo delle periferie, l’urdu, il punjabi…) è la passione per il calcio, che rivivive nel racconto – oltre che nelle due partite, quella dei professionisti miliardari e quella dei dilettanti –, attraverso una sfida da antologia, dimenticata dagli annali: la prima, storica finale ufficiosa di Coppa Campioni, che vide opposti sul campo del Molineux i «Lupi» di Wolverhampton e i magnifici magiari dell’Honvéd Budapest (Puskás, Kocsis, Czibor, ecc.). Il risultato, a soppresa, premiò la squadra inglese, che si fregiò per un anno del titolo di «campione del mondo» – prima che l’Honvéd fosse inghiottita dalle spire della Storia (con la S maiuscola) e il Real Madrid diventasse il padrone del calcio mondiale.

Un racconto suggestivo di amore, politica e pallone.
Jonathan Coe

«Ecco come si scrive un romanzo, ecco come i lettori lo vogliono: appassionato e impegnato».
David Peace – libro dell’anno, «The Guardian»

Un romanzo della stessa portata di Underworld di Don DeLillo – tanta ambizione paga.
Un romanzo sconvolgente, che dà voce a un pezzo di paese di cui si parla molto, ma che si ascolta troppo poco.
Philip Oltermann, «The Observer»

Un romanzo costruito in modo mirabile, in cui si intrecciano le vicende di amici schierati su opposti versanti dello spartiacque sociale e religioso di una piccola città. Ma è anche il libro più bello sulla Coppa del Mondo di calcio da quando è uscito All Played Out, l’inchiesta di Pete Davies su Italia 90, e molto probabilmente il miglior romanzo di sempre su questo tema.
Dan Davies, «Esquire»

Il romanzo sulla Coppa del Mondo per l’estate.
«Esquire»