L’arte ormai perduta del dolce far niente

La morte della star

È stato lo scrittore latino Orazio il primo a stabilire un collegamento tra il destino eccezionale di un individuo su questa terra e uno di quei puntini luminosi nel cielo notturno che chiamiamo stelle. Da allora tutti cerchiamo di accaparrarci una stella lassù. Che brilla soltanto se veniamo ammirati quaggiù. Ed è l’energia dei fan il carburante che permette all’artista di compiere il tragitto fino al firmamento. Ciò che Orazio non sapeva quando inventò questa lusinga, destinata a solleticare nei secoli la vanità degli uomini, è che le stelle sono astri morti. Quella che ammiriamo è in realtà la loro proiezione luminosa. In altre parole, se vedo splendere la tua luce in cielo vuol dire che sei già morto. Al di là di questa parentesi un po’ lugubre, la metafora oraziana ha avuto un successo straordinario. Le parole star e stella appaiono ogni giorno sui giornali. Le sentiamo alla radio e in tv. Le riviste di gossip e perfino i quotidiani ne fanno un uso smodato. Ormai è talmente scontato paragonare a una stella chiunque appaia, per qualche motivo, fuori del comune da sembrarci incredibile che una simile associazione di idee non esistesse prima di Orazio. Basta che qualcuno faccia qualcosa di eccezionale perché Orazio lo veda in cielo. Ha trovato il modo non tanto di misurare la fama di un uomo quanto di vederlo al di sopra del tempo. Di quel tempo immobile che, in mancanza di una definizione migliore, chiamiamo eternità. Quella stella così lontana nel cielo sono i secoli che Virgilio ha dovuto attraversare per raggiungere i lettori di oggi. Guardando la stella del suo amico, Orazio aveva l’impressione di vedere Virgilio duemila anni dopo. Le stelle che vediamo oggi sono le stesse che Orazio scorgeva nel cielo di Roma quando scriveva: “Con una mano toccherò le stelle”. È questa l’immortalità di un classico. Tutto si fissa per sempre in un momento di eternità.

Ai giorni nostri ci sono stelle che durano una stagione. Diciamo che ogni epoca misura il tempo con i mezzi di cui dispone. Ai tempi di Orazio l’immortalità si conquistava con le opere. Non c’era la stampa chiassosa di oggi che tenta di offrire in pasto alla nostra voracità un volto nuovo alla settimana. L’opera, da sola, poteva rendere immortale il suo autore. Oggi invece l’immortalità è in mano ai mass media che pretendono di creare l’evento anziché limitarsi a divulgarlo, e in mano alla folla che esige continuamente un nuovo giocattolo con cui trastullarsi. E così viene creato dal nulla un idolo che poi potrà essere distrutto a piacere. Vedendo come vanno le cose, alcuni artisti preferiscono schivare il fascio di luce che spazza la città in cerca di nuove vittime da immolare a questo dio insaziabile che si nutre di vanità e ambizione. Il cielo ormai è così basso che chiunque può staccare una stella e calpestarla come più gli aggrada. Certe volte l’ascesa e la rovina di un artista sono così fulminee da far pensare a una stella cadente. Alcuni riescono a scampare a questo destino, sfuggendo a un’adorazione che spesso si conclude con un sacrificio umano. Altri non sono tanto coraggiosi o vigliacchi. La gente si accomoda allora davanti al piccolo schermo, un oggetto così intimo da essere messo in camera da letto, per assistere in tutta tranquillità all’esecuzione della star di turno, che può durare anche anni. Ogni uomo, si sa, nasconde un segreto, un dettaglio che a volte non conosce neanche lui. E i paparazzi fanno di tutto per scoprire quello della star. La caccia è quindi aperta e la sfida è a chi staccherà dal cielo la stella del favorito degli dèi. Si comincia con qualche pettegolezzo. Di un peccato veniale si fa una questione di Stato. Ma la folla resiste dietro il suo idolo. E la stella dell’artista brilla ancora più alta nel firmamento. Dopo un periodo di calma ricominciano i pettegolezzi, finché non ci si mette anche la stampa cosiddetta “seria”. D’estate il lettore avveduto abbassa sempre un po’ la guardia, e così il suo giornale ne approfitta per concedersi qualche caduta di tono. Alle calcagna della star viene piazzato un giornalista investigativo che finisce per scovare un grosso neo. La folla sembra leggermente scossa, ma è ancora incredula. All’inizio dell’autunno, periodo ottimale dato che tutto si rimette in moto dopo il momento di stanca di agosto, viene rivelato in prima pagina un altro segreto, e stavolta lo scoop fa centro. A questo punto le lingue cominciano a sciogliersi. Chiunque abbia incrociato sulla propria strada la star vuole il suo quarto d’ora di gloria. E ha inizio la mattanza. Una truccatrice racconta che la stella in questione è una donna sprezzante e che non è così gentile come vorrebbe far credere. Un ex fidanzato giura che è fredda, mentre un altro dichiara che ha qualcosa di perverso. Il suo ex autista sostiene che a volte gli chiede di essere accompagnata in posti “davvero inquietanti”. Un ex produttore racconta che le capita di uscire in piena notte e di andare a parlare alla luna. Una vicina della madre dice che è una persona distaccata, e una sua ex amica afferma che è invadente. Ogni giorno si leggono nuove rivelazioni provenienti da ogni parte. Ci si mette perfino la sua famiglia. Quella che fino a ieri era una ragione per adorarla, oggi diventa un argomento per demolirla. Alla gente piace calpestare quello che ha osannato troppo. In questo senso l’uomo non è cambiato molto nel corso dei secoli. Siamo estremi nelle nostre passioni. La sostanza di cui sono fatte le stelle è la morte. E l’artista morto diventa intoccabile. Il suo corpo viene immediatamente trasfigurato. La sua arte, consacrata. Ormai fuori dalla portata del fango della cronaca, vola, ad ali spiegate, verso il cielo stellato, per unirsi ai suoi pari. Mentre la folla sgomita per comprare i suoi cd, i suoi libri o i suoi quadri.