Un giorno scriverò di questo posto

Binyavanga Wainaina, vincitore del Caine Prize for African Writing, è l’autore dell’articolo di culto How to Write about Africa («Granta», 2005), tuttora il pezzo più cliccato sul sito della rivista (qui nella traduzione italiana), e del memoir Un giorno scriverò di questo posto.

Nel 2014 Wainaina è stato inserito dalla prestigiosa rivista «Foreign Policy» tra i 100 Global Thinkers, nella categoria dei Chroniclers ((masters of storytelling forms… modern-day reconteurs, telling people what they need to know – and often using grounbreaking platforms to do it). La ragione della scelta risiede nel coraggioso coming out dello scrittore, tramite il coraggioso articolo I am a Homosexual, Mum, definito un «capitolo perduto» del suo celebrato memoir (A gay bombshell, lo ha bollato invece il «Daily Nation» di Nairobi). Un articolo controverso, rilanciato sulle testate di tutto il mondo – inclusi il «New York Times» e il «New Yorker» –, una toccante confessione che assurge ad atto politico, fin dalla data scelta per l’uscita, sfidando le leggi anti-gay adottate in Nigeria e in Uganda e le continue violazioni dei diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transgender nei paesi africani.
Sempre nel 2014, e con motivazione simili, lo scrittore kenyano è entrato nella celebre Time 100, la lista delle 100 persone più influenti del mondo stilata dall’omonima rivista statunitense. «By publicly and courageously declaring that he is a gay African – spiega Chimananda Ngozi Adichie nelle righe di motivazione sul sito di «Time» – Binyavanga has demystified and humanized homosexuality and begun a necessary conversation that can no longer be about the “faceless other”».

Wainaina non è nuovo a riconoscimenti del genere. Nel 2007, per esempio, era stato scelto come giovane dell’anno tra quelli emergenti sulla scena mondiale dal World Economic Center, la fondazione svizzera che ogni anno riunisce leader politici ed economici internazionali, intellettuali e giornalisti per dibattere sulle principali questioni globali. Nonostante l’importanza del premio, lo scrittore aveva scelto in quell’occasione di non accettarlo con la seguente motivazione: «Il problema è che sono uno scrittore. E sebbene come molti vado a letto sognando fama e fortuna, il mio intento è rimanere creativo e indipendente».

Wainaina è venuto più volte in Italia ha presentare il suo lavoro. Al festival Letterature di Roma, nel giugno del 2015, ha letto il testo Wangechi Mutu si chiede come mai le ali delle farfalle lasciano polvere sulle dita, oggi c’è stato un colpo di stato in Kenya, dedicato alla vita e alle opere dell’artista kenyana Wangechi Mutu. Il testo originale è apparso in una versione lunga su Jalada, e qui lo riproponiamo nella traduzione italiana integrale.

 

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Binyavanga Wainaina legge il suo inedito a Letterature 2015

 

Binyavanga Wainaina
Wangechi Mutu si chiede come mai le ali delle farfalle lasciano polvere sulle dita, oggi c’è stato un colpo di stato in Kenya 

  1. Siamo fatti dei nostri archivi. Ognuno di noi è anche Noi Stessi.
  2. Questa è una Breve Biografia di Noi Dentro Wangechi Mutu.
  3. Wangechi Mutu nasce. In Kenya. In un ospedale gestito da un ordine cattolico chiamato Disciplina del Sangue di Cristo, nel distretto di Nyeri.
  4. Sono gentili con i bambini.
  5. Nei primi giorni di vita, i genitori hanno pensato di chiamarla Susan. Anne. Ruth. Una zia che vive a Nyeri voleva a tutti i costi che sul certificato di nascita il nome Purity Scholastica sedesse accanto al cognome Wangechi. Un amico di famiglia era certo che Jackie Onassis Mutu suonasse molto meglio.
  6. Ayee Afrika, ohh Africa, Ohh Liberte. Le Boucheron.
  7. Franklin Boukaka ha trasferito il suo sdegno dalla musica all’azione. Si è unito al complotto di un gruppo di congolesi – scontenti e inclini al socialismo – teso a rovesciare il governo del Congo-Brazzaville. Il tentativo di rivolta del 22 febbraio 1972 è stato un fallimento. Il nome di Boukaka figurava nella lista degli insorti arrestati, ma la sua morte è stata annunciata solo qualche giorno dopo. Molti congolesi ebbero il sospetto che fosse stata un’esecuzione sommaria. Nella sua breve ma intensa carriera, Boukaka si era trasformato da giovane cantante pop in critico della morale sociale. Nel suo mix di melodie orecchiabili e testi caustici, aveva messo in discussione il mutato stile di vita del suo popolo e irritato l’élite al potere, come Bob Marley e Fela Kuti. (Gary Stewart, Rumba on the River, Verso, Londra, 2011).
  8. Wangechi Mutu.
  9. Mudu. Utu. Muntu. Persona. Umana.
  10. Ubuntu In Nguni. Ubuntu significa Essere Umano. Utu in Kiswahili significa Essere Umano.
  11. Il Bantu. È. Un. Gruppo Linguistico.
  12. Antropo-logico.
  13. uBuntu, sistema operativo Linux, software gratuito che prende il nome dalla filosofia sudafricana dell’ubuntu (letteralmente, «umane-simo»), spesso tradotta come «benevolenza verso il prossimo» o «fede in un legame universale di condivisione che connette l’intera umanità». http://en.wikipedia.org/wiki/Ubuntu_(operating_system)
  14. Nei primi sei mesi dalla nascita, Wangechi vive con un sopracciglio mobile, il sinistro. Ogni volta che la mamma la porta dal dottore quel sopracciglio selvatico è calmo. Si muove, libero da impedimenti, su e giù per la fronte; si muove verso sinistra; si muove verso destra.
  15. Adesso si vede, ora non più.
  16. Idi Amin ha preso il potere in Uganda. Il padre di Wangechi Mutu compra una Peugeot 504. Papà Wangechi adora fumare le sigarette Rex insieme a zie e zii di Wangechi. Tutte le bottiglie di birra kenyana sono tozze e verdi. Mentre bevono birra, gli adulti raccontano dove si trovavano quando Jim Reeves morì in un incidente aereo.
  17. In televisione danno Bonanza.
  18. I gikuyu adorano i Cowboy e la musica country e il Bluegrass Americano.
  19. Wangechi ha poco più di quattro anni.
  20. Wangechiiiii! Wangechiiii! La mamma chiama.
  21. Sei tutta presa dall’idea di diventare una super model cowgirl nomade kenyana, una bambina africana di quattro anni con artigli di tulle e letali denti d’acciaio.
  22. E sai che non sei andata a pascolare il bestiame. È solo un tuo sogno.
  23. Wangechii. È mamma, in lontananza. Hai più o meno quattro anni.
  24. Non è giorno. È notte. Hai gli occhi appiccicosi. Ti ricordi quel bacio, il bacio che ti dava mamma quando avevi la febbre? Arriva ogni anno. Lei mormora una canzone e ti sputa in bocca piccoli morsi di erbe e purea calda, pasta di fagioli, sangue e latte.
  25. «Wangechi! Ngechi!!!».
  26. È l’ora della nanna e sei certa di avere pascolato gli animali tutto il giorno e di esserti seduta all’ombra di un albero negli ultimi scampoli di caldo secco, nelle vicinanze del lago Naivasha. Sai che ti sbagli. Mucche sfocate brontolano e si lamentano, le pance piene di gas e erba. Un leone «Anthro-Geographic» incombe. Ti gratti pigra la vagina e pensi ai tuoi artigli che gli fanno a pezzi la pancia.
  27. «Svegliati!»
  28. Sei tu, Wangechi. Cala la sera, tra poco si abbasserà la temperatura, il bestiame è immobile, le baruffe giocose del tuo amico sono diventate mormorii e sussurri caldi, giochi di sberle sulla carne e risate. Socchiudi un occhio, e la luce soffusa del sole ti brucia la vista. Trascini con gli occhi chiusi le membra rotolanti in scorribande notturne dentro uno scintillante tunnel nero, vedi mille uomini acacia che camminano inclinati verso di te, mentre il sole svanisce alle loro spalle.
  29. Wangechiii! Wangechiiii!
  30. No, Wangechi, nella testa ci sono mille bruchi pelosi che spiluccano e mangiano con delicatezza, pungono, pizzicano. Le braccia di tua madre sono morbide, ma fanno male. Puzzi di ospedale.
  31. Tu sei Wangechi.
  32. Pastore-di-bestiame! Riesci a percepire l’urlo emesso dalle ossa delle ginocchia e ti muovi più agilmente nella brezza fresca, il corpo si trasforma in vento, e in mezzo al marcio dei detriti che minacciano di assalirti, il tuo cuore si illumina perché sarai la prima a sentire le mani che tastano il corpo dell’amica che dorme più vicina a te. Lei sbuffa, le copri la bocca, le accosti la bocca all’orecchio, e pronunci la parola segreta.
  33. È un toro quello che si impenna nelle orecchie, e tossisce un profondo muuuggito doloroso, un lungo getto doloroso di piscio sul terreno, le mucche sono eccitate e si radunano. Ti fa male tuuutto.
  34. Dicono che ti sei presa la febbre bovina emorragica nella forma che attacca l’uomo (o malattia di Ondiri). Si riscontra solo in Kenya. Sintomi: diffusi esantemi ed ecchimosi sulle mucose facciali, e sui tessuti sierosi e sottosierosi di organi e cavità corporee. È fatale nel 50 percento dei casi non trattati. La trasmissione si deve a un artropode vettore non ancora identificato.
  35. Wangechiiii!
  36. Wangechi. Il tuo sogno febbrile zoppica tra i singhiozzi, la chiarezza svanisce, ti metti a mungere una mammella di mucca, gli dai un bel morso, si rompe, sei coperta di spruzzi di sangue e latte, bevi, e hai la testa come una soffice pietra pomice, di quelle che si usano per pulire i piedi.
  37. Cominci a svegliarti. Il corpo caldo e il battito del cuore seguono la forma dei tuoi movimenti, mentre si ridesta la forma che verrà dopo, e poi quella successiva, i fucili sono pronti, e tu attaccherai per prima. La tua personale gloria-di-donna, che splende nel petto come una corona di spine solari in vinile, che ti punge le orecchie e il collo quando arrivi a casa al tramonto, seguita da una mandria di bovini e dalle tue truppe, che ti acclamano.
  38. 1977. La famiglia si trasferisce a Nairobi.
  39. Wangechi ha sei anni. C’è una storia che si insegna nelle prime settimane di scuola elementare kenyana. Wangu wa Makeri, donna e capo gikuyu. La sua dittatura delle donne viene rovesciata quando gli uomini decidono di mettere incinta le ragazze del villaggio.
  40. Wangechi ha sei anni. È tutto sfocato e sembra così D.I.S.C.O! Anche lei è D.I.S.C.O!
  41. Si accorge che la desiderano. Nelle pupille inondate di sole, scoppi stellari di eccitazione potente, che fa fermare il cuore, spirali e trame di colori al neon verdi, rossi, gialli, esplosioni di luce distorta a forma di sole, a forma di pupilla. Sta seduta sul prato, mentre la radio Voice of Kenya General Service manda in onda Mahanja Mike. Di botto chiude gli occhi. In quel momento, le palpebre sono un cielo di carne brillante del colore del sangue, con una sottile rete di ramificazioni scintillanti: di paura e di morte che si avvicina. O di gloria.
  42. 1979.
  43. È D, Delirante. È I, Irresistibile. È S-Super Sexy. È C, così Carina. È O-O ooo.
  44. È D.I.S.C.O!
  45. Anni Ottanta.
  46. Il Kenya è in tutte le riviste di moda, in tutte le riviste tipo Animal Print. È un enorme servizio di moda sul tema del Safari park. Anche alla televisione di Stato.
  47. Il Kenya è il posto in cui i vecchi «Fashional Geographic» vengono a morire. «Vogue». «Playboy». «Right On». «Ebony». «GQ».
  48. Durante una breve stagione frenetica si disegnavano lecca lecca a spirali psichedeliche sulle sacre mura Coloniali dei bungalow di Nairobi!
  49. La mamma chiede a Wangechi di scegliere una cintura nell’armadio di papà.
  50. Si è ammutinata dopo la prima sberla e piange dopo la seconda. Alla terza, mamma non ce la fa più e la abbraccia. Le trema il sopracciglio. È corrucciata nella sua confusione.
  51. Tu sei Wangechi. Uno struzzo da corsa si accovaccia nelle vicinanze, lo guardi, trasporta le sue soffici interiora sanguinolente, le nuvole sono piene di terminazioni nervose scoperte e dolorosamente tinte di una bioluce rosa. A scuola è ricreazione.
  52. I furgoncini zebrati per turisti sono parte dell’archivio nazionale delle immagini del Kenya.
  53. Le Nuove riviste Importate di mamma Odorano di Buono. Tagliarle con le forbici dà una sensazione fantastica.
  54. Tu sei Wangechi. Stai nuotando nel porridge caldo della tua testa quando ti vengono a cercare. Le urla di tua nonna si perdono in tre colpi caldi e morbidi.
  55. Masai chic. Cartoline ovunque.
  56. I tempi della febbre sono solo un ricordo occasionale, ormai. I ritagli affiorano in momenti non preordinati. Sei una che pascola il bestiame! Le tue orecchie dominano ogni più piccola sensazione. Riducono al silenzio il morbido limbo di pelle appena al di sotto delle ginocchia tagliuzzate da pietre e schegge di legno. Le gambe da capra non vanno più di moda. Le It Girls sulle Riviste vanno a caccia di pellicce vestite di vinile.
  57. Anni Ottanta.
  58. I pezzi di ricambio del trattore sarebbero dei bellissimi orecchini per il guerriero alieno gigante di Wangechi. A sette anni Wangechi si chiede come mai le ali delle farfalle lasciano polvere sulle dita. Oggi c’è stato un colpo di stato in Kenya.
  59. Il sangue bagna le strade di Nairobi. Paura e sussurri ovunque.
  60. Ricchi gioielli maturi gocciolano dalle narici, come ovaie urlanti, e insetti schiacciati iridescenti si trovano nella sabbia della veranda. Urli a pieni polmoni.
  61. La rivista «Mums» ha un bambino africano che muore di fame, come lo avrà Madonna.
  62. «I gikuyu erano un popolo matriarcale – il potere nelle mani delle donne – prima che gli uomini le detronizzassero».
  63. Iman è stata scoperta mentre pascolava le capre in Somalia in groppa a una zebra.
  64. Le Barbie sono importate a caro prezzo per un Kenya affamato-di-mondo, governato-da-Moi.
  65. Negli anni Ottanta, la faccia di Michael Jackson si scioglie lentameeente. Noi siamo mooolto annoiati.
  66. Non c’era quasi niente da guardare. Aspettavamo mesi per conoscere gli sviluppi.
  67. Kama Kama Kama Kama Kameleon, you come and go, you come and go-o –oh-oh.
  68. «Vogue» di seconda mano. «Cosmopolitan» di seconda mano. «Ebony» di seconda mano. «Right On» di seconda mano. Una nuova economia di seconda mano.
  69. Un sacco di persone vengono arrestate.
  70. Il presidente Daniel Toroitich Arap Moi mette al bando fucili giocattolo e altre Influenze straniere.
  71. 1990.
  72. Wangechi vuole a tutti i costi diventare una Consulente Neurologa e recitare alla Televisione Internazionale. Nel tempo libero, disegnerà vestiti patinati per bianchi snelli.
  73. Ragazza! Dietro alla tua schiena brulicante, il sole che tramonta a Occidente sta diventando caldo, ma non sulla testa; lì è di tutti. È tuo adesso. Ti brucia la pelle del collo. Nel mondo lontano alla fine del tunnel, il bestiame si è radunato per tornare al recinto e le bestie scalpitano senza tregua, senti i lamenti nelle orecchie mentre avanzi piano nel tuo tunnel, con gli ultimi scampoli del tuo sole. La tua generazione farà di sé il centro dell’Occidente.
  74. Il Kenya è piatto. La classe media è in miseria. La stagione di Moi si trascina. Niente Soldi. Niente Sogni. Niente Speranze. In Kenya. Acciuffa un Visto e Corri, se puoi. Ovunque. Oppure Bevi. O Diventa un Cristiano della Rinascita.
  75. Eddie Murphy sta Arrivando al successo in America.
  76. Wangechi Mutu sta andando in America a studiare Fashion Merchandising da Cyborgette Safari-chic, con lunghe gambe da capra e stivali usati che gocciolano vernice dorata.
  77. Ma prima deve studiare medicina.
  78. Così.
  79. Catarro uterino di Wangechi Mutu: Questa pagina ingiallita è un pezzo importante di storia della medicina. L’uomo ha un terzo occhio – saggezza da offrire? Un’intuizione forse? Anche lui è il destinatario (consapevole o inconsapevole) di questa conoscenza – se non altro grazie a una lezione puritana sulla sifilide ascoltata alle superiori. È una fonte originale, risalente e significativa, sui disturbi ginecologici. Parte della nostra occasionale conoscenza di queste questioni è filtrata tramite lui fino a noi. Il nostro giovane ha labbra da rivista: labbra con il rossetto rosa, dalla sagoma ampia e piena: il tipo di labbra per cui qualcuno paga le iniezioni di collagene. Che fortuna?, sembra suggerire Wangechi con una certa dose di cattiveria. Quelle labbra sono l’unico nostro territorio richiesto dalle riviste che ti dicono Quale Deve Essere il tuo Look. Un lembo delle labbra è rosso, un altro po’ di rossetto. Le labbra sono incollate, e lievemente fuori posto – si comincia a capire che quello che sembra grottesco, qui non lo è.
  80. «Il giovane gode di buona salute – e le forme imposte conservano al suo viso una certa integrità. Solleva interrogativi che riguardano l’appartenenza: questo nero è erede di storie mediche e non accadute prima di lui – ma la sua scelta e la sua partecipazione rimarranno originali – il colore della pelle, e la storia di quel colore, daranno luogo a nuovi contesti e intuizioni. Il terzo occhio. Entrare a far parte del mondo porta con sé la flogosi, ma anche saggezza. Il terzo occhio – che scava nel profondo del cervello, ha ricevuto idee sbiadite, ma fornirà soluzioni brillanti e darà la vita a una molteplicità di cose. Non per niente il suo cervello è un utero».
  81. Wangechi non può tornare a casa per diciassette anni. Un banale errore l’ha costretta a combattere per rendere legale la sua permanenza in America.
  82. Per diciassette anni.
  83. Wangechi non è tornata in Kenya fino al 2012.
  84. Per diciassette anni.
  85. Solitudine Senza Documenti in America. Ogni kenyano cerca di diventare un banker. In America, la ragazza della classe media che non lo diventerà, non può. Capisce che non ci riuscirà.
  86. Esilio. Esilio senza documenti. Per diciassette anni.
  87. «Qual è il mio nome? Aggrotto le ciglia. Qual è il mio nome?». Yvonne Owuor, Weight of Whispers.
  88. Esilio. Esilio senza documenti. Per la maggior parte del tempo, chiusa dentro un monolocale. Nel limbo. Per diciassette anni.
  89. L’arte di Wangechi Mutu fabbrica nuove cose, e le mescola tra di loro. Il suo lavoro è diventato un passaggio intermedio, mai reale in America, mai reale a casa. Lei costruisce un mondo in cui gli africani possano abitare. Un cittadino globale africano è l’erede di tutti gli archivi. Lei è un’africana delle origini che innesca la stagione degli africani-del-futuro. Una volta maltrattato, distorto, ri-costruito, questo cittadino globale africano ci libererà dalle paure della egemonia che creano le riviste di moda e ci iberna come rappresentanti unidimensionali del loro spettacolo patinato.
  90. Consuma, mondo nero, mangia quello che ti gettiamo. Prega, africano, Prega per AIUTO. L’egemonia riempie i nostri sensi del proprio spettacolo. In esilio si comprende che possiamo rimescolare noi stessi.
  91. L’archivio è nostro, per usarlo come ci pare.
  92. Rimescolare: rituale religioso che scaccia i demoni della paura e libera l’immaginazione.
  93. È il 2012. Hanno dato a Wangechi la green card!
  94. E lei sale sul primo aereo per tornare in Kenya.
  95. Arriva la Cina. Il Brasile. L’Africa scoppia di arrivi. Gente che si ferma e gente che parte per chissà dove. Si corre, si uccide, si immagina, nuove forme di persone belle, non stagnanti, vibranti, in decomposizione, che travalicano le frontiere, che provano a reggersi in piedi da sole.
  96. Wangechi è ovunque.
  97. «Sono lieto di presentare la personale di Wangechi Mutu intitolata Nitarudi Ninarudi, espressione swahili che sta per Vorrei tornare Sto tornandoNitarudi Ninarudi. Il tono del lavoro ha virato verso un’esplorazione più profonda e la rivelazione dell’esperienza personale dell’artista nella Diaspora»[1].
  98. Oh! Abbiamo dimenticato di menzionare la meravigliosa stagione fetale prima che si formi il neonato, senza arti, amorevole, senza gambe, fluttuante. Rimescolare: la piccola porzione di un corpo nell’atto di creare qualcosa di completamente nuovo.
  99. Il monolocale di Wangechi è troppo pieno di cose. Fiumi e Argini Scoppiano. Ovunque. Scoppiano per il peso sigillato di diciassette anni di archivi e idee. Vuole sentirsi più leggera, di nuovo più vera.
  100. «L’interesse di Wangechi Mutu nella sottile distinzione tra Nitarudi e Ninarudi è incorporata nella differenza sempre così sottile tra il desiderio e la promessa del ritorno a confronto con l’insistenza assoluta e la possibilità di tornare in un luogo».
  101. Vorrei tornare Sto tornando
  102. Nei suoi archivi c’è il video di un dirigibile della Goodyear che decide di tornare in Kenya. La cassetta si è lentamente gonfiata nei diciassette anni all’interno del monolocale, l’intero mondo digerito dal capitale e dal tuo archivio, o dal rimescolarsi delle cose.
  103. Arazzi piatti che si gonfiano in un gigantesco video pieno di elio. O qualcosa di simile.
  104. Adesso può lasciare l’America legalmente. Noi, il resto di noi, non si annoia più. Ci mangiamo il mondo. Nei nostri corpi che si gonfiano ingordi, nelle nostre pericolose luci digitali, trasportiamo molte cose, anche i suoi capelli finti, inserti di riviste, macchinari, Perline, Re porno e mostruose bambole cacciatrici, gioielli, disegni ginecologici, Brooklyn, fiori, petali, sangue, i coltelli sono tacchi alti, ci portiamo in giro mondi di funghi morti.
  105. Il Dirigibile brilla di Santigold. Vola fuori dalla finestra del monolocale di Wangechi, sputando gli uccelli che si è mangiato, e attraversa di nuovo l’Atlantico nel video Africa Rising is Eating Everything.
  106. Scoppia e precipita nell’Atlantico. Dopo avere vomitato tossine ed espulso aria calda, Wangechi è mamma adesso: asciutta, onesta, cattiva, selvatica e sirena, deve nuotare verso nuove verità.
  107. Wa-Nguva, dea dell’acqua, accompagnata dai pitoni in una terra di vinile, selvatica sulla tela, famelica dopo essere scoppiata e andata a fondo sull’Atlantico, Mami Wata sireneggia verso l’isola di Gorée, l’Africa occidentale, il Congo, la Tanzania, fino all’Oceano Indiano, e nuota nella laguna di Mpeketon, fino a Lamu dove Nguva ha di nuovo fame.
  108. E Nguva è Wangechi in azione, fatta di sudore, ossa e carne. Anche.
  109. Di ritorno per una stagione di incombenze domestiche. È difficile per una sirena abituarsi a una nuova situazione. C’è lavoro da portare a termine.
  110. Sta morendo di fame.

[1] Dalla conferenza stampa per la mostra Nitarudi Ninarudi, al Susan Vielmetter Los Angeles Projects, 2012.

 

© Binyavanga Wainaina, 2015
traduzione italiana di Isabella Ferretti
© 66thand2nd, 2015