Voglio la testa di Ryan Giggs

Giggs Will Tear You Apart (Again)

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Non è la prima volta che nei romanzi della collana Attese la musica assume un ruolo portante nello svolgimento del racconto. Nei Mastini di Dallas, per esempio, la colonna sonora attraverso la quale Peter Gent narra le vicende di Phil Elliot e dei suoi North Dallas Bulls è un tratto del romanzo così forte che un nostro affezionato lettore ha realizzato questa splendida playlist con il meglio del repertorio musicale del libro, che attinge a piene mani dal rock statunitense degli anni Settanta.
Vale la pena ripetere l’esperimento con Voglio la testa di Ryan Giggs, il romanzo di Rodge Glass da oggi in libreria che racconta la tragicomica carriera del diciassettenne Mikey Wilson, vittima di un sogno andato in frantumi centotrentatré secondi dopo essersi realizzato.

Manchester è tra i grandi centri urbani inglesi che tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta ha dato un importante contributo all’emergere, nella scena rock mondiale, del movimento genericamente conosciuto come New Wave e interpretato da gruppi quali Joy Division (poi New Order) e The Fall. E sempre a Manchester, nel 1982, si forma la band che, negli anni a venire, avrebbe registrato il maggior numero di tentativi di imitazione su scala planetaria: gli Smiths di Morrissey e Johnny Marr.
Ancora negli anni Ottanta, la centralità della scena mancuniana viene confermata dall’affermarsi di gruppi come Happy Mondays (1980), Stone Roses (1984) e Charlatans (1988-89), fino all’esplosione dei grandi interpreti del Brit Pop degli anni Novanta (Oasis, «quegli stronzi che tifano City», e Primal Scream) e della prima consacrazione, attraverso «quei bastardi dei Take That», di un fenomeno che avrebbe segnato i due decenni successivi: l’avvento delle Boy Band.
Rodge Glass, da buon musicista, non poteva rimanere insensibile a questo sottofondo, a maggior ragione quando tutta Stretford End, il settore più caldo dell’Old Trafford, intona i versi di uno dei maggiori successi dei Joy Division, «Love Will Tear Us Apart», per salutare l’ingresso in campo dell’idolo di casa, Ryan Giggs. Ovviamente, con una piccola variante sul tema: Giggs will tear you apart again!  «Giggs vi farà di nuovo a pezzi!».

Mentre Ryan si accomodava tra i compagni e le riserve in panchina, alcuni nati dopo il suo debutto nello United, alcuni che non avevano conosciuto altro United se non quello in cui c’era lui, sembrava che potesse andare avanti – da giocatore – per sempre. E, sulle note di «Love Will Tear Us Apart» dei mancuniani Joy Division, la folla cantò, fragorosa, orgogliosa e stonata, mentre il gioco tracimava nei tranquillissimi minuti di recupero. Mike chiuse gli occhi e mise le mani in tasca, concentrandosi sulla canzone. Non vedeva, non udiva, non percepiva altro che quel ritornello. Così forte, dappertutto. Nelle orecchie e nelle viscere. Come se fosse l’unica canzone del mondo. E per un po’, per Mike, fu davvero così.

Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…
Giggs… Giggs will tear you apart again…

 

Come spesso succede nei romanzi, anche in Voglio la testa di Ryan Giggs una delle pagine più belle del libro ha a che fare con un innamoramento, nel caso specifico quello tra Mikey e Gemma, che ha per palcoscenico il pub preferito dal nostro eroe e per sottofondo, appunto, il sound di Manchester, e in particolare dei Joy Division. Ed è la stessa Gemma a spiegare quanto il gruppo di Ian Curtis (e in generale tutta la scena musicale degli anni Ottanta e Novanta) abbia influenzato la storia recente della città:

Gemma è venuta al pub con degli amici, ma se ne va insieme a te. Non perché sei un calciatore, non perché le hai detto che hai Giggsy sul tasto di chiamata rapida o che hai vinto un mucchio di medaglie. Ridete insieme. Come due vecchi amici. (Quando ride prende un accento strano. Come se non fosse di quelle parti). Ti sembra anche abbastanza tosta. Combattiva. Ha un’opinione su tutto, e deve avere una buona opinione di te, altrimenti non sarebbe ancora lì, giusto? Andate in un locale per un altro bicchiere, al bancone, gridando per farvi sentire sopra la musica, e dopo un po’ vedi che si sta divertendo. Parlate di Manchester. Gemma dice che ci si è trasferita quando aveva circa dodici anni, ma si è sempre sentita a casa. Aveva la musica giusta. Vi scoprite in sintonia sulle cose che contano:

New Order [di Salford] Le prime cose ottime, le ultime cose pessime.

The Mondays [da Little Hulton/Salford] I grandi successi ottimi, tutto il resto pessimo.

The Stone Roses [di Altrincham] Il primo album spettacolare, il secondo una merda.

Oasis [di Burnage] Non contano. Tifano per il City.

The Fall [di Prestwich, ma hanno cambiato formazione centinaia di volte] Merda merda merda merda merda.

The Smiths [Morrissey: di Hulme, Manchester; Marr: di Ardwick, Manchester; gli Altri Due: non importa] Grandissimi. Ovviamente. Anche se Moz è una checca. (Poi vi lasciate distrarre dalla questione se Morrissey è davvero gay o no. Ma è possibile?).

E per finire…

Joy Division [vedi New Order] I suoi preferiti. I tuoi preferiti. I migliori.

Gemma dice: «Penserai che sono una sciocca, ma per me il suono dei Joy Division è quello della vecchia Manchester, quella che mi manca tanto, sai?». Questi sono proprio i discorsi sentimentali e sdolcinati che ti piacciono tanto, e allora canti «Love Will Tear Us Apart» per lei, stonato, più forte che puoi, in omaggio a quello che ha detto. E quando finisci lei è ancora lì. E non ha una faccia strana né si dirige verso la porta. Allora sei più rilassato, perché significa che adesso le piaci ancora di più. Quando ricominci a cantare lo fai prima impersonando Ian Curtis, agitandoti dappertutto, e poi Moz, porgendole un mazzo di gladioli immaginari. Poi ti trasformi in Ian Brown e fai lo spavaldo, ti pavoneggi proprio come lui. Fino all’ultima mossa. «Bella questa, amico!» dici. «Bella questa!». Gemma ride e dice: «Sei proprio un idiota». Sorride, contenta. «Un idiota carino» dice, giocando con l’orecchino con la mano sinistra. Non te lo ha mai detto nessuno.

Quando un giovane di Manchester  imita davanti a una ragazza conosciuta da poco le movenza del vecchio Moz e si lancia nella Monkey Dance significa che ha un solo obiettivo in testa: fare di quella ragazza la donna della sua vita. E mentre Gemma ride giocando con il suo orecchino, sembra proprio di sentirla la playlist che hanno stilato insieme, pochi minuti dopo aver visto «il più bel gol di tutti i tempi», e che qui proponiamo come ideale colonna sonora di questo romanzo pieno di humor, passione e musica.