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Binyavanga Wainaina tra i 100 Global Thinkers della rivista «Foreign Policy»

Binyavanga Wainaina, l’autore kenyano del memoir Un giorno scriverò di questo posto (uscito a settembre 2013 per la collana Bazar) e dell’articolo cult Come scrivere d’Africa («Granta», 2005), è stato selezionato nella prestigiosa lista dei Leading Global Thinkers of 2014, stilata ogni anno dalla rivista «Foreign Policy» – ovvero l’elenco degli intellettuali più influenti dei pianeta.

Wainaina fa parte della lista più ristretta dei Chroniclers (masters of storytelling forms… modern-day reconteurs, telling people what they need to know – and often using grounbreaking platforms to do it).
La ragione della scelta risiede nel coming out dello scrittore, che lo scorso gennaio ha pubblicato un articolo intitolato I Am a Homosexual, Mum, definendolo un «capitolo perduto» del suo celebre memoir («a gay bombshell», invece, nelle parole del «Daily Nation» di Nairobi). Un articolo controverso commentato dalle testate di tutto il mondo che intendeva rispondere con fermezza, fin dalla data scelta per l’uscita, alle continue violazioni dei diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transgender (LGBT) nei paesi africani.

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Lo scrittore kenyano Binyavanga Wainaina ritratto sul sito di «Foreign Policy»

 

Tra gli altri intellettuali inseriti nei Chroniclers vanno menzionati Roberto Trotta, astrofisico svizzero residente nel Regno Unito, la sedicenne twittatrice di Gaza Farah Baker (una «moderna Anna Frank», come recitava la sua bio on line la scorsa estate), il filmmaker sudanese Hajooj Kuka, e la nostra Elena Ferrante (for writing honest, anonymous fiction) – scrittrice fantasma divenuta un caso editoriale anche in America e, proprio per questo, finita di recente al centro di qualche polemica (come testimonia questo articolo di Paolo di Paolo sulla «Stampa»).

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