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Alla battuta contro Castro e la memoria del Che

«E così eccoci arrivati a Cuba. In piedi sulla banchina a guardare il sole, trascinando le nostre grosse sacche militari come se fossero dei cani che non volevano collaborare.
Eravamo lì in piedi a sudare con le sacche e a chiederci dove fosse finito il rappresentante della squadra che sarebbe dovuto venire ad accoglierci, quando a circa un isolato e mezzo di distanza scoppia un tumulto. All’inizio pensavamo fosse una festa di quartiere. Un tipo smilzo, con una camicia bianca spiegazzata e una di quelle barbette a punta che si vedono nelle pubblicità dei sigari, stava incitando la folla, che gridava e lo acclamava. Il tipo era alto più di un metro e ottanta. Sembrava forte e resistente, ma in termini di stazza fisica era una via di mezzo tra un peso mosca e un bambino malato. Stava andando alla grande grazie all’entusiasmo suscitato alzando uno straccio di stoffa. Disse qualcosa che esaltò la folla e poi si issò sulle spalle di un altro che lo fece sfilare davanti ai negozi, mentre la gente urlava “CA-STRO! CA-STRO! CA-STRO!”, che io e Charley immaginammo fosse il nome del tizio. Eravamo rimasti seduti lì sotto il sole, come due idioti. Loro ci girarono intorno e si fermarono. Si acquietarono, e ci guardammo. L’uomo del momento ci stava offrendo la sua terrificante occhiata da bandito. Era alto. Magro. Era solo un ragazzino. E non era per niente contento di vederci».

È un brano di Alla battuta contro Castro, uno dei racconti più divertenti di Jim Shepard, il maestro della short story americana, inclusi in Non c’è ritorno, raccolta originale dedicata all’autore qualche anno fada 66thand2nd. È la prima apparizione di un giovanissimo Fidel Castro, già barbuto, che alla fine si troverà a sfidare sul diamante i due protagonisti, una coppia di sconclusionati giocatori di baseball yankee venuti a Cuba per sbarcare il lunario.

È il nostro modo di ricordare, e onorare, il cinquantesimo anniversario della morte di Ernesto Che Guevara, che cade proprio questa settimana.
Il «Guerrilero Heroico» – dal nome del celebre scatto di Alberto Korda, trasfomato in icona globale da Giangiacomo Feltrinelli, che nel 1967 lo scelse per la copertina di Diario in Bolivia – è stato ricordato di recente anche da una mostra a Bologna, in primavera, dedicata proprio alle foto di Korda, e da due libri in particolare: Che. Una vita rivoluzionaria di Jon Lee Anderson (riedito proprio da Feltrinelli), e Io e il Che di Juan Martín Guevara, fratello di Ernesto (uscito in Italia per Nova Delphi)

Forse, ai tempi del racconto di Shepard, il Che era già sullisola, nascosto tra le colline, e stava organizzando la deposizione di Batista mentre Fidel sobillava le folle in città. Di seguito, vi proponiamo invece una rassegna degli articoli più interessanti, o più curiosi, usciti negli ultimi tempi sulla figura del grande rivoluzionario.

Picturing the dead, di Jon Lee Anderson. «The New Yorker»

Quel che resta del Che, cinquantanni dopo (intervista a Jon Lee Anderson). «la Repubblica»

A memoir of life as Che Guevara’s kid brother. «The New Yorker»

Che Guevara’s legacy still contentious 50 years after his death in Bolivia. «The Guardian».

Che Guevara son on Obama in Cuba: «Maybe we can influence US in a positive way». «The Guardian»

From Cuba to Congo, dream to disaster for Che Guevara. «The Guardian»

 

 

Che-Guevara

Un ritratto del Che di Elliott Erwitt

 

 

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